Stevia: dalla foglia al dolcificante da tavola

Siete anche voi tra i fans della Stevia rebaudiana Bertoni e attendevate da tanto il suo ingresso nel mercato? E magari la acquistate on line? Preferite le foglie essiccate o le piu’ comode compresse o zollette? C’è anche in forma liquida. Da un sito all’altro i prezzi cambiano. Cambia anche il contenuto dei vari prodotti e le filiere produttive..

Cosa ho trovato nel web sulla stevia?  La pianta ha una lunga storia e il suo nome è legato a tre scienziati che ne studiarono le proprietà. Il nome deriva dal botanico spagnolo Pedro Jaime Esteve, che nel 16th la studio’ per la prima volta. Alla fine del 20th secolo, il chimico Ovidio Rebaudi fu il primo a pubblicare le analisi chimiche delle foglie e identifico’ gli zuccheri che furono chiamati stevioside e  rebaudioside. Fu così che al nome latino della pianta fu aggiunto il termine rebaudiana. Il  botanico svizzero  Moisés de Santiago Bertoni, che era di passaggio in Paraguay in quegli anni, divenne ben presto affascinato dal modo con cui le tribù locali usavano le erbe per dolcificare naturalmente le loro bevande. Una pianta in particolare sembrava molto interessante. Bertoni scoprì che gli indigeni utilizzavano la stevia sia come dolcificante sia come medicina naturale. Pubblico’ i suoi dati nel 1899, e accennò al gusto particolarmente dolce che poteva essere derivato dalla pianta di stevia. Ulteriori ricerche furono condotte nei primi anni ’30 da due chimici francesi  Briedel Lavieille  che riuscirono a cristallizzare i glicosidi responsabili del sapore dolce. Si scoprì anche che le sostanze presenti erano molto più dolci del saccarosio.

Il seguito lo conosciamo. Dopo l’autorizzazione definitiva alla commercializzazione della stevia da parte di Efsa e dell’Unione europea, il mercato della stevia si è ampliato.

La Stevia rebaudiana (Bertoni) è un arbusto della famiglia Asteraceae che è indigena in Paraguay e Brasile, ed è oggi coltivata anche in alcune regioni dell’Asia, Europa e Canada. Le foglie della stevia contengono i glucosidi  stevioside e  rebaudiosidi (A-F)steviolbioside dulcoside A (Figura), che sono responsabili del tipico sapore dolce.

Stevioside e rebaudioside A sono i più abbondanti ( 3-10% w / w e 1% w / w, rispettivamente) mentre il dulcoside A rappresenta solo lo 0,2%.

Stevioside e rebaudioside A sono fino a 250 volte più dolci di una soluzione di saccarosio al 0,4% . Alcuni studi hanno dimostrato che i glicosidi estratti dalla Stevia possono esercitare effetti benefici sulla salute umana, tra cui effetto anti-ipertensivo, ipoglicemizzante.  Diversi studi tossicologici sono stati condotti per verificare possibili effetti mutageni e genotossici esercitati dai glicodisidi su cellule batteriche e diverse specie di mammiferi, e i risultati recentemente oggetto di 3 review hanno dimostrato che gli estratti di stevia sono sicuri.

Cosa sappiamo del destino dei glicosidi assunti con alimenti o bevande? Esperimenti con ratti e criceti suggeriscono che lo stevioside è metabolizzato a steviolo dalla flora batterica del cieco.  Allo stesso modo, in vitro i batteri isolati dal colon umano, ma non dall’intestino tenue, sono in grado di trasformare lo stevioside in steviolo.  Recenti studi in volontari umani hanno evidenziato che i principali metaboliti escreti nelle feci sono sono lo steviolo e il suo derivato dalla reazione di glucuronidazione .  Non sono stati rilevati steviosidi nel plasma, nè nelle urine. Si è ipotizzato quindi che lo stevioside dopo essere stato metabolizzato a steviolo nel colon venga assorbito e trasportato al fegato per subire la glucuronidazione e successiva escrezione.

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La chimica in cucina

Continua l’appuntamento mensile con il Carnevale della Chimica, per la quinta puntata, il tema è decisamente appetibile, si tratta infatti di “La chimica in cucina“, un tema interessante e che abbiamo già trattato in diverse occasioni anche su Nutrimenti. Basta pensare alle reazioni chimiche che avvengono negli alimenti sia mentre li cuciniamo, sia quando li trattiamo per poterli conservare. Modificazioni composizionali chimiche possono anche spiegare i successi e i fallimenti nell’elaborazione di numerose ricette. Pensiano anche ad argomenti legati alla composizione degli alimenti, al destino dei nutrienti durante la digestione e assorbimento, quali effetti hanno sul metabolismo. Chi ha intenzione di partecipare dovrà inviare la segnalazione del post a Paolo Pascucci, curatore del blog questionedelladecisione.blogspot.com. Il termine ultimo il 21 maggio (massimo il 22 mattina). Noi ci saremo!

Il gusto dolce: il ruolo della "Saporous Unit"

Di dolcificanti abbiamo già parlato, abbiamo trattato le caratteristiche strutturali e proprietà funzionali del tagatosio, delle Sweet protein, del sucralosio. Torniamo a trattare l’argomento in occasione del Carnevale della Chimica dedicato al tema “La chimica dei Sensi”

A cosa è dovuto il sapore dolce dei cibi così gradito? Lo studio delle caratteristiche strutturali delle molecole e i determinanti molecolari necessari per evocare il sapore dolce inizia nei primi anni del secolo scorso. Era stata già identificata la saccarina ma non c’erano sul mercato gli edulcoranti che conosciamo oggi. Pensiamo alle loro caratteristiche strutturali, si tratta di molecole organiche molto diverse tra loro, come l’aspartame, la saccarina,acesulfame K, il sucralosio, il “superaspartame”.

Gli Edulcoranti con effetto massa includono delle molecole che forniscono un numero minore di calorie per grammo rispetto allo zucchero (saccarosio) a parità di massa (volume). Il sorbitolo, il mannitolo, l’isomalto, il maltitolo, il lattitolo e lo xilitolo appartengono tutti alla famiglia dei polioli.

Gli Edulcoranti intensivi forniscono un intenso gusto dolce con pochissime o addirittura senza calorie. Dato che sono molto dolci, ne occorrono soltanto piccolissime quantità. Sono esempi di edulcoranti intensivi l’acesulfame K, l’aspartame, i ciclamati, la saccarina.

Ognuno di loro differisce notevolmente per dolcezza relativa se confrontato con il glucosio o il saccarosio.

Che cosa accomuna quindi glucosio, fruttosio, saccarosio agli edulcoranti di sintesi entrati nel mercato?

Ripercorriamo in sintesi un po’ di storia. Tra i primi ricercatori che cercarono di identificare la struttura chimica necessaria per impartire il sapore dolce vi fu Cohn nel 1914. Egli la chiamò “saporous units” e la identificò nella presenza di 2 o piu’ gruppi ossidrilici nelle molecole. Alcuni esempi? il glicole etilenico, i polioli come l’eritritolo evocavano il sapore dolce al contrario degli alcool che contengono un solo ossidrile e non hanno lo stesso sapore (es. metanolo, etanolo).

Dopo cinquant’anni nel 1963, R. Shallenberger propose che i vari gradi di dolcezza erano evocati da varie conformazioni presenti nei glicoli e si individuò nella configurazione gauche quella responsabile.

glicoli

Lo studio della relazione tra svariate molecole e il sapore dolce da esse evocato, fece comprendere molto presto la sua complessità.
Come esempio si notò che l’isomero a-D-mannopyranose era leggermente dolce, al contrario il B-D-mannopiranosio, che differisce per la stereoisomeria di un solo atomo di carbonio è amaro.

mannosio - dolce

Simili risultati furono ottenuti con altri enantiomeri come l’arabinosio, lo xilosio, il glucosio, il ramnosio, galattosio e fruttosio. Ognuno di loro differisce notevolmente in dolcezza.

AH, B, la teoria della “Saporous Unit” e del gusto dolce

Nel 1967 lo stesso Shallenberger in collaborazione con E. Terry elaborò una nuova teoria sulla “Saporous unit” (glicoforo). La teoria, individuava nelle sostanze dolci una regione della molecola responsabile di questa caratteristica: Shallenberger la chiamò “AH,B system” . Le molecole dovevano possedere un atomo elettronegativo (es.ossigeno o azoto), indicato con A, unito covalentemente ad un atomo di H (AH) ed un altro atomo elettronegativo indicato con la lettera B ad una distanza di 0,3nm dall’atomo di H. Presente anche una regione con un gruppo idrofobico (γ).

saporous unit

Il sito del recettore venne quindi descritto come un sistema che interagiva con la particolare struttura chimica della molecola, permetteva la formazioni di legami idrogeno (X e YH) e di evocare la sensazione dolce grazie alle nostre papille gustative.

recettori

In diverse molecole edulcoranti ritroviamo la “saporous unit” come descritto in dettaglio in questa presentazione: Il gusto dolce: meccanismi e molecole

Per saperne di piu’ sulle ricerche di Shallenberger, sulla relazione complessa tra molecole, loro caratteristiche strutturali, sul ruolo dell’acqua nel provocare sensazioni così diverse tra molecole e recettori vi consiglio la lettura di Taste recognition chemistry (1997).

Molte altre cose ci sarebbero da dire sui dolcificanti, sulla loro utilità e ruolo nelle diete ipocaloriche, le numerose implicazioni economiche. Ci torneremo presto.

E ora una breve sintesi delle sigle che identificano i vari composti presenti sul mercato:
acesulfame K (E 950), aspartame (E 951), il sale di aspartame-acesulfame (E 962), la saccarina (E 954), i ciclamati (E 952), la taumatina (E 957), la neoesperidina DC (E 959) ed il sucralosio (E 955). Quelli meno intensi e quindi meno dolci come il sorbitolo (E420), il mannitolo (E 421), l’isomalt (E 953), il maltitolo (E 965), il lactitolo (E 966) e lo xilitolo (E 967).

Altre fonti:

A MOLECULAR THEORY OF SWEET TASTE
– AMINO ACIDS AND PEPTIDES

Il gusto dolce: meccanismi e molecole

Taste recognition chemistry

– Shallenberger, R. S., Why do sugars taste sweet? New Scientist 23, 569 (1964).

Tagatosio

It is made from sugar but it is not sugar: il sucralosio.

Sweet protein

Tagatosio: a novel sugar

Senza titolo-1 copia

La scoperta del tagatosio o più precisamente D-tagatosio risale agli inizi del 1990 ad opera di Gilbert Levin; è uno zucchero da un punto di strutturale molto simile al fruttosio, infatti è un epimero del L-fruttosio in C-4.

A temperatura ambiente è una polvere cristallina bianca solubile in acqua, dal sapore zuccherino. E’ naturalmente presente in natura ma in piccolissime quantità, quindi la sua estrazione risulta sicuramente non economica.

Attualmente il tagatosio è prodotto su larga scala a livello industriale in un processo multistadio a partire dal lattosio da siero di latte. Il tagatosio viene prodotto per isomerizzazione del galattosio ottenuto da idrolisi enzimatica del lattosio. Sebbene la reazione chimica sia un processo economico, tuttavia richiede condizioni di temperatura e pressioni troppo elevate. Per questo motivo negli ultimi anni è aumentato l’interesse per una produzione alternativa del tagatosio per via microbica (Roe HJ. et al. 2000).
L’interesse nei confronti del tagatosio nasce dal fatto che sebbene abbia un potere dolcificate simile a quello del saccarosio (ossia pari a 0,92, contro 1 del saccarosio) questa molecola viene solo parzialmente assorbito a livello intestinale (circa 80% non viene assorbita). Circa il 20% del tagatosio assorbito viene eliminato con le urine. Il resto viene metabolizzato nel fegato a CO2 seguendo le vie metaboliche del fruttosio.Ciò fa sì che il tagatosio fornisca meno calorie rispetto al saccarosio (1,5kcal/g contro 4kcal/g del saccarosio). Poiché ha un gusto simile a quello dello zucchero e non ha retrogusto, il tagatosio può essere quindi utilizzato come dolcificante ipocalorico di massa.

Inoltre negli ultimi anni stanno emergendo altre interessanti proprietà che rendono il tagatosio un ingrediente in alimenti funzionali :
• Effetti Prebiotici. E’ stato dimostrato che il tagatosio non assorbito a livello del colon viene fermentato dalla microflora batterica, con formazione di acidi grassi a corta catena (SCFAs),soprattutto butirrato, che favoriscono l’incremento della flora batterica “buona” (lattobacilli e acido-lattico batteri) a scapito di quella “cattiva” (Bertelsen H,1999)
• Non è cariogenico. Viene molto lentamente fermentato dalla flora batterica orale, con azione acariogena e preventiva nei confronti della placca dentaria stessa.
• Azione ipoglicemizzante. Il consumo di D-tagatosio non induce l’innalzamento dei livelli di glucosio nel sangue o dei livelli di insulina. Inoltre recenti studi hanno evidenziato che l’assunzione di tagatosio è in grado attenuare la risposta glicemica indotta dal glucosio o saccarosio, svolgendo un’azione ipoglicemizzante( Lu Y et al. 2008) . Sebbene i meccanismi molecolari alla base dell’effetto ipoglicemizzante esercitato dal tagatosio non siano del tutto noti, è stato suggerito che la migliorata tolleranza al glucosio dopo pretrattamento con d-tagatosio sia dovuta ad un’aumentata sensibilità all’insulina, ad un compromesso assorbimento gastrointestinale di glucosio (mediante una inibizione degli enzimi deputati alla digestione di carboidrati complessi) (Figura). Il tagatosio agirebbe anche a livello epatico, dove sembra essere in grado di stimolare l’uptake di glucosio e la sintesi del glicogeno e inibire la glicogenolisi. ( Lu Y et al. 2008)

Possibili applicazioni del tagatosio. Le proprietà biologiche e le caratteristiche organolettiche del tagatosio ne suggeriscono l’uso come dolcificante per diabetici, prebiotico ed edulcorante in prodotti dolci non cariogenici e a basso contenuto calorico (prodotti dolciari, bevande analcoliche, prodotti per la prima colazione, chewingum). Attualmente in commercio si trovano marmellate, cioccolate, bevande contenenti tagatosio (es.brand name Tagatesse® e Naturlose ®).Ad esempio la Pepsi l’ha utilizzato nella nuova bibita light Slurpee insieme all’eritrolo.

A tal proposito risulta interessante citare il lavoro condotto da Taylor et al. sull’ idoneità del tagatosio come succedaneo del saccarosio nella produzione di prodotti da forno ( Taylor TP et al. 2008).Diverse tipologie di biscotti ottenuti utilizzando esclusivamente saccarosio, o tagatosio o miscele di entrambi i dolcificanti, sono stati analizzati a livello delle proprietà reologiche, come impasto e prodotto finito in termini di estensione, colore e durezza. In conclusione lo studio ha riportato che le migliori condizioni si osservano nei biscotti ottenuiti utlizzando una miscela di tagatosio/saccarosio al 50%.
Il tagatosio può trovare impiego anche come eccipiente dolcificante ipocalorico in farmaci che altrimenti risulterebbero di sgradevole sapore (es. sciroppi); ulteriori possibili utilizzi del tagatosio sono nell’ambito della cosmesi (es.rossetti)

Attualmente tutte le ricerche condotte sull’uso del tagatosio non hanno rilevato nessun inconveniente nel suo utilizzo. Sono stati condotti numerosi test di carcinogenicità(test di Ames, test di mutazioni in linfoma murino, ed un test in vitro sulle cellule ovariche di Chinese hamster)per verificare la sua sicurezza ed eventuali forme di intolleranza,ma nessuno dei test ha dimostrato un effetto tossico ne mutageno del tagatosio; solamente alcuni soggetti sensibili hanno accusato leggeri disturbi gastrointestinali (flatulenza e effetti lassativi) simili a quelli indotti da altri carboidrati a bassa digeribilità. In gruppi di persone sottoposte ad un elevato consumo di tagatosio( maggiore del 5% die) si è notato un ingrossamento reversibile del fegato, senza evidenti correlazioni patologiche, conseguente all’ accumulo di glicogeno nel fegato. Per questo motivo è stato definito GRAS (Generally Recognized As Safe) dalla FDA americana nell’aprile del 2001 per il suo uso in cibi e bevande e la World Health Organization’s Joint Expert Committee on Food Additives (JECFA) nel giugno del 2004 ha stabilito che relativamente al suo utilizzo fosse riportato in etichetta la sigla ADI(limited acceptable daily intake) “non specificato”.
Dal 14 Dicembre 2005 il tagatosio è stato formalmente approvato come “novel food” dall’Unione Europea senza nessuna restrizione per il suo utilizzo.
Qualcuno ha già trovato prodotti contenenti tagatosio, negli scaffali dei nostri supermercati?

Grazie a Nicola, un ottimo studente del corso di Biochimica degli Alimenti che ha approfondito l’argomento inerente il tagatosio per l’esame e ha contribuito a questo post!

Sweet protein

Taumatina, brazzeina, monellina, curculina, mabinilina, pentadina e miraculina sono i nomi di sette proteine che ,se ingerite, danno la sensazione di dolce ossia sono dolcificanti come il saccarosio (zucchero da tavola) ed edulcoranti di sintesi che ben conosciamo come saccarina, aspartame……….
Le proteine dolci non presentano similarità di sequenza e poche similarità strutturali tuttavia tutte sono in grado di interagire, con lo stesso meccanismo, con il recettore presente sulle papille gustative T1R2-T2R3; tale riconoscimento fa sì che queste proteine vengano percepite come dolci.
Il potere edulcorante delle sweet proteins è altissimo; infatti, esse sono sono centinaia o migliaia di volte più dolci del saccarosio. Pertanto possono essere usate in quantità molto piccole e quindi, sebbene quando sono digerite forniscono energia (4Kcal/g), a parità di potere dolcificante hanno un potere calorico molto inferiore rispetto al saccarosio o al fruttosio.
L’elevato potere edulcorante e lo scarso apporto energetico aprono possibili applicazioni per l’utilizzo di queste proteine come sostituti acalorici del saccarosio in alimenti e bevande. La Comunità Europea ha approvato per l’impiego come edulcorante la Taumatina ( E957). Il suo utilizzo è consentito nei prodotti di confetteria e la sua dose giornaliera ammissibile (DGA), ossia quantità di taumatina che può essere assunta giornalmente nella dieta quotidiana senza rischi apprezzabili per la salute, è 5mg per Kg di peso corporeo al giorno.

Tutte le proteine dolci sono state isolate da frutti di piante che crescono in foreste pluviali, prevalentemente dell’Africa occidentale.

La TAUMATINA si ottiene per estrazione acquosa a pH 2,5-4,0 dagli arilli del frutto del ceppo naturale del Thaumatococcus daniellii (Benth) che cresce nelle foreste pluviali dell’Africa occidentale. Le taumatine costituiscono una famiglia di proteine, le principali sono la Taumatina I e la Taumatina II . La mistura di taumatina I e II è commercializzata sotto il nome di TALIN. Il suo potere dolcificante è circa 3000 volte superiore a quello del saccarosio, ma il suo sapore è leggermente diverso : persiste per molto tempo (10-20 minuti) lasciando un retrogusto di liquirizia .
La MONELLINA viene estratta dalle bacche rosse di una pianta dell’Africa occidentale, la Dioscoreophyllum cumminsii Diels. Anche questa proteina è circa 3000 volte più dolce del saccarosio, tuttavia a differenza della taumatina, la monellina è un dimero costituito da due polipeptidi di 45 e 50 residui aminoacidici legati insieme per legami non covalenti, perciò perde la caratteristica dolcezza quando è trattata a temperature superiori a 50°C e pH acido.
La pianta cinese Capparis masaikai produce frutti che contengono 4 proteine dolcificanti, delle quali la più studiata è chiamata MABINILINA II che è circa 400 volte più dolce del saccarosio.
La PENTADINA e la BRAZZEINA sono estratte dalla Pentadiplandra brazzeana, un arbusto rampicante presente in alcuni Paesi dell’Africa tropicale e sono rispettivamente circa 500 e 2000 volte più dolci del saccarosio.
La CURCULINA è un dimero isolato dalla pianta Curculigo latifoglia, che cresce in alcune zone della Malesia.
La MIRACULINA è un tretramero estratto dalle bacche rosse di Synsepalum dulcificum (sin. Richardella dulcifera), pianta originaria dell’Africa occidentale. La miraculina è una proteina con effetti particolari ! …………è un modificatore del gusto; ossia questa proteina è di per sé insapore, tuttavia, i cibi assunti successivamente, per un’ora o due, risultano dolci anche se normalmente sarebbero amari o aspri (es. limone).Le particolari caratteristiche di questa proteina sono state anche riportate in un articolo del The New York Times (vedi video)

E’ possibile ottenere queste proteine anche attraverso la bioingegneria genetica mediante l’utilizzo di batteri geneticamente modificati. Ciò rende il processo molto più efficiente ed economico, rispetto alla estrazione da frutti.

Approfondimenti

Sweet proteins – Potential replacement for artificial low calorie sweeteners. Kant R. Nutrition Journal, 2005